Agosto 2009
Vi voglio raccontare la storia di un viaggio
stupendo, organizzato tra tanti imprevisti, atteso e vissuto intensamente….
Abbiamo comprato i biglietti aerei tramite la biglietteria dell’agenzia di
viaggio e sempre con loro abbiamo noleggiato l’auto e prenotato gli hotel nelle
località che ci interessavano tramite il tour operator. Abbiamo risparmiato
qualcosa rispetto ad un pacchetto completo del volo.
Senza farci scoraggiare
dal tam-tam sull’influenza A, finalmente il 6 agosto partiamo da Bologna, ci
imbarchiamo su un volo Lufthansa che con puntualità ci porta a Francoforte. Al
check-in ci chiedono solo se abbiamo compilato l’esta. A Francoforte superati i
controlli per il bagaglio a mano ci mettiamo in fila per quella che credevamo
fosse una prima “intervista” sulle nostre attività americane invece…ci chiedono
solo l’indirizzo del nostro hotel a S.Francisco e se ci vogliamo offrire
volontari per un volo successivo perché United ha fatto overbooking, premio
600$. Partono con l’imbarco sull’aereo chiamando i passeggeri a gruppi in base
ai numeri dei posti..ottima idea!!!
L’aereo della United è pulito, non sembra
neanche vecchissimo, gli assistenti molto gentili e mangiamo anche
decentemente. I film purtroppo non sono in italiano. Quando ti offrono da bere,
se chiedi una bibita gasata ti danno la lattina intera, tanto per ricordarti
verso quale paese stai volando!!
Sull’aereo abbiamo compilato il modulo bianco
per la dogana e quello verde per l’immigrazione.
Puntualissimi arriviamo a
destinazione. Ci avviamo al momento tanto temuto: le domande in inglese. Il
nostro addetto ai controlli è accigliatissimo e serissimo. Ci prende tutte le
impronte, ci fa la foto e via parte l’intervista. Ci chiede il motivo del
nostro viaggio, l’itinerario, il nostro impiego in Italia (a mio marito ha
chiesto anche che cosa produce la ditta per cui lavora!) quanti soldi avevamo
in contanti, se avevamo la carta di credito e ovviamente se avevamo frutta,
verdura, alcool o droga nel nostro bagaglio.
Ce la facciamo e via..ci spara un
bel timbro di ingresso sul passaporto, così, in una pagina a caso nel mezzo,
attacca una parte del foglietto verde e sigla il modulo bianco della dogana. Le
valigie arrivano tutte intere. Un altro addetto ha controllato il modulo bianco
e ci ha fatto segno di andare. Seguiamo i cartelli door-to-door van. Avevo
cercato tanto sul web le compagnie migliori, i prezzi e poi alla fine siamo
saliti come degli automi sul primo pulmino che ha aperto la porta!!! La
compagnia è San Francisco City Shuttle, 16$. Prima di partire mi ero chiesta
quale potesse essere una giusta mancia per l’autista dello shuttle, mi ha tolto
dall’imbarazzo lui che non avendo il resto ha arrotondato per bene quello che
io avevo pensato di lasciare!!
L’autista ha atteso invano di caricare qualche altro turista per una decina di
minuti e poi è sfrecciato in mezzo al traffico verso il La Luna Inn. L’hotel è
modesto, non nuovissimo ma pulito. E’ sulla Lombard all’incrocio con Divisadero
St, un po’ lontano dai principali luoghi di interesse ma con i bus il problema
è risolto. La zona è tranquilla, a 2 passi c’è un quartiere residenziale e non
ci sono strani soggetti in giro. In 5 minuti a piedi poi si raggiunge Marina
con la splendida vista sul Golden Gate. Vicinissima anche la parte di Chestnut
St piena di localini dove mangiare o bere qualcosa, c’è anche un Apple store
dove tutti i pc sono collegati a internet e con discrezione (e velocemente) è
possibile approfittare per mandare qualche mail!!! Abbiamo mangiato da Mel’s
sulla Lombard. Il locale è carino ma il cibo non ci è sembrato gran che, forse
perché eravamo svegli da più di 24 ore e stavamo mangiando un hamburger a
quelle che per il nostro corpo erano le 5.30 di mattina…..
San Francisco mi ha stregato, tutta bella, il ponte primo tra tutto e poi mi è
piaciuta tantissimo Stockton St a Chinatown, autentica Cina, in mezzo ai cinesi
e ai negozi cinesi. Tutto l’opposto della turistica Grant Avenue. In questa
città fa caldo e freddo allo stesso tempo. Un attimo prima sei accaldato dal
sole e girato l’angolo arriva un venticello gelido che ti congela le ossa. Dopo
una prima giornata di sole è apparsa la nebbia sulla baia. Abbiamo noleggiato
le bici da Blazing Saddles al Fisherman’s Wharf, utilizzando furbescamente i
buoni sconto da 5$ che si trovano in tutti gli opuscoli che sono in giro
(aeroporto o hotel). Per me che non sono per niente allenata non è stato uno
scherzo arrivare fino al Golden Gate, non vi dico la fatica per la salita fino
all’imbocco della ciclabile del ponte e poi attraversarlo
controvento....stremata!!! Purtroppo la nebbia avvolgeva tutto lo skyline della
città. Ci siamo lanciati giù per la discesa esagerata che c’è per arrivare a
Sausalito.. ma attenzione… poi c’è un’altra salita e io a piedi con la bici a
mano (che morbida!!!)
Devo dire che Sausalito è carina, negozietti e ristoranti, ma me l’aspettavo
più bella dopo tutti i racconti che avevo letto. Forse il fatto che ci fosse la
nebbia ha influito negativamente. La strada percorsa per arrivare mi fa fatto
capire perché al noleggio ti danno i biglietti del traghetto. Se li usi li
paghi altrimenti se torni in bici li restituisci. Mentre i miei eroici compagni
di viaggio sono saliti in sella (ricordate la discesa esagerata?? tornando
indietro in cosa si trasforma???) io sola soletta mi sono messa in fila per il
traghetto. Ho memorizzato d’istinto il numero stampato sul lucchetto della
bicicletta. E meno male. Infatti a bordo le ammucchiano tutte insieme e anche
se si pensa di ricordare qual è, dopo mezz’ora non ti ricordi più!!!!
Piccola nota: al Fisherman’s Warf c’è un tizio che si nasconde dietro a dei
rami con delle foglie e poi all’improvviso sbuca fuori con dei gran urli per
spaventare la gente che passa. E guai a fare foto o riprese senza fare
un’offerta: si mette ad urlare a più non posso le sue tariffe!!!
Trascorse le 2 giornate a disposizione andiamo a Mason st per ritirare alla
Hertz la nostra full size. L’orario era per le 11, noi siamo in anticipo, c’è
una bella fila e ci accodiamo. Quando tocca a noi ci dicono che la macchina con
il navigatore (già pre-pagato) ce la danno non prima delle 14 e capiamo perché
tutti quelli prima di noi se ne andavano seccati. Fortunatamente avevamo
lasciato le valigie al gentilissimo ragazzo della reception in hotel dopo aver
fatto il check-out così, liberi dal peso, abbiamo utilizzato il tempo “perso”
per vedere un altro po’ di città. All’orario stabilito torniamo e sbrighiamo le
pratiche con una signora antipaticissima e scorbutica. Ha voluto le carte di
credito di ogni guidatore aggiuntivo. La nostra auto è una Mariner Mercury, uno
scontro tra un mini suv e una jeep, cioè con lo svantaggio di consumare come un
suv e lo svantaggio di non avere la trazione integrale…però spaziosa!!!
Delusione nel constatare che non ha la copertura per il bagagliaio, quindi
tutti i nostri calcoli per portare con noi delle valigie che potessero stare
chiuse senza essere a vista da fuori sono stati inutili.
Non è comunque
successo niente. Riprediamo le valigie con più di tre ore di ritardo e lasciamo
la città, destinazione Mariposa. Già a pochi kilometri da San Francisco è
evidente la differenza di temperatura: un caldo allucinante.
Verso sera arriviamo al Miners Inn ci sistemiamo e uscendo per la cena ci
rendiamo conto che Mariposa è una piccola città fantasma. Tutto buio e tutto
chiuso, pochissimi i ristoranti aperti. Un po’ scoraggiati ci fermiamo lungo la
via “principale” in un ristorante che ha la parola butterfly nel nome che
purtroppo non ricordo. Da fuori non sembra gran che ma poi scendendo dalla
scala sul retro ha un piccolo giardinetto per cenare fuori, molto buio però…ci
tengo a segnalarlo perché ho mangiato una cobb salad strepitosa!!!
La mattina dopo si parte per Yosemite, ingresso Sud. Facciamo la
convenientissima tessera annuale per l’ingresso ai parchi nazionali e puntiamo
verso la Bridalveil Fall, con poca acqua ma comunque bella. Poi è la volta
della facile passeggiata al Lower Fall Trail, le cascate sono scarse ma vediamo
da vicino un orso!!!E la giornata poteva anche chiudersi lì….Poi ci dirigiamo
verso Mirror Lake ma vediamo solo qualche pozza d’acqua e ci dobbiamo fermare
per dei cartelli che segnalano che c’è stata una frana e che non si può
proseguire. Quindi non so nemmeno se quelle pozze erano il lago un po’ in secca
o se non ci siamo neanche arrivati. Rientrando ci rendiamo conto che Mariposa è
un po’ scomoda per tornarci a dormire con l’intento di tornare a Yosemite il
giorno dopo, c’è abbastanza strada. La mattina dopo non sono neanche le 9 e
siamo già al Mariposa Grove: non ci fanno salire al parcheggio!!! Ci dirottano
invece verso Wawona per prendere la navetta gratuita che ci riporterà lì (il
parcheggio per prendere la navetta è poco dopo il Wawona hotel..a proposito: è
un bellissimo albergo!!!) Nel bosco delle sequoie fa molto caldo e il sentiero
è molto polveroso. Lasciamo il parco passando per la Tioga road, molto bella.
Ci dirigiamo a Mono Lake perché avevo visto delle foto molto belle di altri
viaggiatori, ma una volta lì essendo pomeriggio inoltrato troviamo il visitor
center chiuso e nessuna via di accesso chiara al lago. Ci siamo accontentati di
vederlo da lontano e se ne può fare a meno perché, senza avvicinarsi, non dice
niente.
Via verso il Vagabond Inn di Bishop, l’unico albergo che non ci ha chiesto la
carta di credito come garanzia. Ci sono tanti locali in paese e noi mangiamo
una buona bistecchina da Sizzler.
La mattina dopo sveglia alle 5 per affrontare la Death Valley. Consiglio di
fare colazione a Bishop se già vi trovate lì perché proseguendo si trovano i
paesini di Big Pine, Independence e Lone Pine dove non c’è nulla. Arrivati alla
valle, avendo già la tessera dei parchi, non ci siamo preoccupati di fermarci
al visitor center per pagare. Penso che anche chi non ha la tessera si faccia
pochi problemi a riguardo perché durante il giro non ci ha fermato nessuno.
Inutile dire che è d’obbligo la crema solare, il caldo è soffocante e il sole
picchia fortissimo. Se ti fermi anche per pochi minuti senti che la pelle
diventa croccante tipo pollo allo spiedo. Lasciamo la valle verso le 13,30 e in
poco tempo siamo in Nevada diretti verso Las Vegas, il caldo tremendo ci viene
dietro.
Fare al mattino la Death Valley e programmare nella stessa tappa una sola notte
brava a Las Vegas è stato un errore, troppo faticoso. Comunque…il nostro hotel
è il Planet Hollywood, molto anonimo rispetto agli altri che lo circondano ma
economico con una bella camera spaziosa. Posizione ottima a fianco del Paris e
vicino al Bellagio.
Abbiamo lasciato l’auto al livello 3 (non so dirvi se ci
sono più livelli ma immagino di si) lo stesso piano dove c’è il casinò. Ebbene
per raggiungere la reception, e fare la nostra bella oretta di fila per
check-in, abbiamo attraversato tutto il centro commerciale dentro l’hotel,
tutto il casinò e preso l’ascensore per scendere di un livello. Dopo una
rinfrescatina siamo sulla strip che è ancora giorno: tra i lavori in corso e il
caldo impressionante tutto ci appare molto piatto e anche un po’ triste.
Partiamo verso il Luxor e ceniamo lì (alette di pollo fritte, una favola)
quando usciamo però la notte è arrivata, Las Vegas si è accesa e il delirio è
iniziato…adesso ci siamo!!! L’unica cosa che io dovevo assolutamente vedere
erano le fontane del Bellagio e non mi hanno assolutamente delusa, sono
splendide. Bella anche l’eruzione del vulcano del Mirage ma nulla a confronto
delle fontane.
La mattina dopo siamo a Springdale dove pranziamo bene in un ristorante
messicano sulla strada, Casa de amigos. Il pomeriggio tutto dedicato al parco
Zion. Non si entra con la macchina ma devo dire che il servizio navetta è ben
organizzato: passano ogni 10 minuti circa, le fermate sono lungo la strada una
di fronte all’altra, un bus va verso nord e uno verso sud. Non si perde tanto
tempo per spostarsi da un punto all’altro. Visto il tempo a disposizione
abbiamo fatto i trail più semplici: Riverside Walk, Weeping Rock e Emerald
Pools. Il parco ci è piaciuto molto.
La strada tra Zion e Bryce è infinita, si incontrano tanti piccoli centri e i
limiti di velocità sono molto bassi. Noi arriviamo al Best Western Ruby’s Inn
alle 21.40 sotto la pioggia e con un gran freddo. Il ristorante dell’hotel
chiude alle 22 perciò siamo andati a mangiare nel fast food che c’è a fianco,
buono l’hamburgher e anche la pizza. Il Ruby’s è vicinissimo all’entrata del
parco.
Il Bryce Canyon è il parco che mi è piaciuto di più e non serve tantissimo
tempo per visitarlo . Per prima cosa abbiamo fatto tutti i view point e poi un
unico trail Navajo Loop combinato con Queens garden trail parcheggiando l’auto
a Sunset Point. La discesa verso Wall Street è tosta, come poi è tosta la
risalita a Sunrise Point ma ne vale la pena assolutamente.
Nel pomeriggio dirigendoci a Moab abbiamo fatto una deviazione per il Goblin
Valley State Park (ingresso mi sembra 7$ per l’auto) C’era un brutto temporale
che ci girava intorno (poi evitato per fortuna) perciò ci siamo limitati ad
osservare le rocce dall’observation point facendo solo una piccola esplorazione
a piedi. Sicuramente è per questo motivo che il luogo non ci ha particolarmente
colpito.
A Moab siamo rimasti due notti per poter visitare sia Arches che Canyonland. Il
paese è piuttosto grande e c’è tutto quello che serve. Noi abbiamo cenato molto
bene da Buck’s Grill House (un po’ fuori dal centro) i prezzi sono un po’ più
alti rispetto alla media ma le bistecche davvero ottime e buono anche il
servizio (mancia già compresa nel conto del 17%!!). La sera dopo messicano al
ristorante la Hacienda, anche qui abbiamo mangiato benissimo.
La visita di Arches parte dal trail di Park Avenue, si scende lungo un percorso
costeggiato da imponenti rocce, che ricordano appunto dei grandi palazzi, che
arriva fino al Courthouse Towers Point (poi bisogna tornare indietro sullo
stesso sentiero per riprendere la macchina)
Gli altri archi che abbiamo visto in giornata: Landscape Arch, Broken Arch e
Sand Dune Arch, North e South Windows + Turret arch, Balanced rock, Double Arch
e Delicate Arch. Più naturalmente tutti i view point. Nel parco non esiste
praticamente ombra ed è caldissimo, non ci sono punti di ristoro quindi bisogna
entrare preparati con cibo e tantissima acqua.
Il giorno dopo visita di Death Horse State Park (10$ per l’auto), molto bello,
non ci sono trail da fare ma ci si limita ai view point che offrono un panorama
splendido sul fiume Colorado.
Dopodichè ingresso a Canyonland, ovviamente nella parte di Island in the Sky.
Anche in questo caso per chi non è un gran camminatore la visita si limita ai
view point, anche se devo dire i panorami sono molto meglio al Death Horse SP.
Abbiamo fatto Grand View Point, Buck Canyon e Green River Overlook (la cartina
che ci hanno dato all’ingresso segnava la strada per questo view point come
sterrata invece è asfaltata) Poi passeggiata breve (ma sotto il sole cocente
tutto diventa un pochettino più impegnativo eh!!) verso Mesa Arch, davvero
molto bello. Anche in questo parco nessun punto di ristoro.
Nel pomeriggio ci
siamo spostati in direzione Mexican Hat (dove abbiamo ammirato la famosa roccia
a forma di cappello) per arrivare verso le 16 alla mitica e tanto attesa
Monument Valley.
Come giustamente dicono tutti già è bella la strada per
arrivarci. Si paga l’ingresso (5$ a testa) e cartina alla mano si inizia la
visita. Avevo letto che la strada era sterrata ma devo dire che mi aspettavo
fosse un po’ meglio visto la quantità di gente che la visita. E’ molto
polverosa e specialmente nel primo tratto ci sono molte buche e sassi, bisogna
guidare molto lentamente e stare attenti a dove si passa. Ci siamo fermati ad
ogni formazione ma il punto migliore è John Ford’s Point, una vista bellissima.
Abbiamo aspettato il tramonto vicino al visitor center, ma sfortunatamente il
cielo era velato da un po’ di foschia e i colori delle rocce non si sono accesi
più di tanto.
Passiamo la notte al Best Western Wetherill di Kayenta. Orribile cittadina,
buia e desolatissima. In queste zone è tutto gestito dai navajo.
Si riparte verso Page. Lungo la strada, vicino ai tre famosi camini della
centrale elettrica troviamo le indicazioni per Antelope Canyon, si vedono bene
e si vede anche il parcheggio.
Visitiamo l’Upper (a testa 6$ di tassa+25$ per il tour guidato) prima paghi la
tassa e poi ti fanno entrare nel parcheggio dove devi andare a pagare per la
visita. Ci hanno caricato su dei furgoncini e a manetta sulla sabbia (effetto
tagadà) ci hanno portato all’ingresso del canyon. Il luogo è particolare ma gli
effetti di luce non erano evidentissimi. Siamo usciti dal canyon alle 11,30
circa, sicuramente era troppo presto per la visita. Tappa successiva Horseshoe
Bend spettacolare belvedere sul fiume Colorado. Poco dopo aver visto la grossa
P scritta su una montagna, si trova sulla destra la strada che porta al
parcheggio, non si paga nulla, la camminata è come sempre in salita ma ne vale
assolutamente la pena. Ci avviciniamo poi al Lago Powell che rientra nell’area
del Glen Canyon, infatti anche in questo caso per entrare utilizziamo la
tessera dei parchi. Dopo una sguardo Wahweap ci spostiamo alla spiaggia di Lone
Rock per un bagno nel lago. Fate attenzione prima di scendere verso la spiaggia
a quale strada prendere perché alcune sono piene di sabbia e a rimanere
bloccati ci vuole un attimo, per uscirne un po’ di più….
Dormiamo a Page al Best Western Arizonainn dove purtroppo ci danno una stanza
fumatori senza via di scampo. Mangiamo da Pizza Hut e devo dire che non è
niente male. Della danza navajo che si tiene alle 18:00 davanti alla City Hall
neppure l’ombra.
Partenza il mattino successivo per il Grand Canyon: entriamo da Desert View e
ci fermiamo a quasi tutti i belvedere. La Hermit Road va percorsa
obbligatoriamente con la navetta oppure a piedi. Non ci siamo fermati in tutti
i punti perché tra i più vicini il panorama è molto simile. Il più deludente
Hermit's Rest, il più particolare The Abyss. Per il tramonto arrivano le nuvole
e anche qui restiamo delusi. La notte la passiamo a Tusayan, poco dopo l’uscita
del parco, all’ Holiday Inn Express Grand Canyon. La località offre poco, noi
abbiamo cenato in un fast food messicano, We cook pizza & pasta, molta
confusione, cibo extra-piccante.
Il giorno dopo non ci facciamo mancare il nostro pezzettino di Route 66 e ci
fermiamo a Seligman per qualche foto ed un giretto nei negozietti di souvenir.
Ci spostiamo verso il Joshua Tree Np percorrendo la 95, una strada infinita in
mezzo al nulla di un torrido deserto, piena di tir da superare. Arriviamo al
parco alle 17,30 e fa così caldo che pensiamo di trovare uno scheletro col cappello
da ranger al visitor center…invece è chiuso. Siamo entrati da Cottonwood ed è
stata una pessima idea perché prima di raggiungere la prima cosa interessante
da vedere, cioè l’immensa distesa di cactus al Cholla Garden, bisogna
percorrere un sacco di kilometri nel nulla con dei limiti di velocità
bassissimi. Se volete visitare il parco conviene sicuramente entrare dall’Oasis
visitor center. Il tramonto in questo parco è una cosa particolare, tutti gli
alberi di Joshua rendono il paesaggio originale. Noi per il caldo non abbiamo
fatto camminate, ci siamo limitati ad un giro in macchina. Lasciamo il parco
dalla West entrance station e ci dirigiamo alla caldissima Palm Springs.
Dormiamo al Best Western Inn at Palm Springs e mangiamo bene messicano al Blue
Coyote. In città non c’è moltissimo da vedere, sulla via principale un sacco di
locali ma poca gente in giro. Il caldo è davvero allucinante. La mattina dopo
ce ne andiamo verso la tappa che più ci preoccupa del viaggio: le strade di Los
Angeles!! Invece con prudenza ce la caviamo abbastanza bene e arriviamo alle 11
al Best Western Hollywood Hills. Alla reception, gentilissimi, ci danno la
stanza anche se l’hotel prevede il check-in alle 15. Parcheggiamo nel parking
gratuito e a piedi in poco più di un quarto d’ora siamo sulla walk of fame. Di
barboni ce ne sono ma, come a San Francisco, si fanno quasi tutti gli affari
loro. Vediamo tutto ciò che c’è da vedere su questa strada e mangiamo al nuovo
centro commerciale Hollywood&Highland, dalla terrazza si possono fare delle
belle foto della strada che sta sotto e del Capitan Theatre che sta proprio di
fronte.
Dopo diversi giretti in auto su Rodeo Drive e a Beverly Hills abbiamo puntato
su Santa Monica. Abbiamo parcheggiato sulla strada di fronte alla City Hall,
per 75 cent all’ora, e in pochi minuti siamo arrivati al pontile. La spiaggia
mi è piaciuta tantissimo, le famose torrette dei guarda spiaggia, la ruota e le
montagne russe viste e riviste chissà quante volte nei film. Soffiava un vento
gelido e anche l’acqua freddissima, i piedi però andavano bagnati!!!
Rientrati in hotel cena da The 101 coffee shop, il ristorante adiacente
all’hotel, molto comodo, mangiato bene.
Il mattino seguente abbiamo fatto una piccola sosta sulla spiaggia di Malibu,
tanti surfisti ma niente onde…per poi proseguire verso Santa Barbara. La città
è molto carina, abbiamo fatto una passeggiata sulla strada principale piena di
negozi e locali. Merita di sicuro una visita più approfondita.
Seguendo un consiglio della Lonely Planet andiamo fino al piccolo centro di
Guadalupe dove si trovano delle dune di sabbia, set di alcune scene del film
Pirati dei Caraibi. Non si paga nulla e le dune sono particolari, soprattutto
arrivando dalla città non ci si aspetta di trovare un paesaggio simile. Da qui raggiungiamo
Santa Maria per la notte, un paese tranquillo con poca gente in giro. Dormiamo
al Santa Maria Inn e mangiamo una buona bistecca da Shaw’s Famous Steakhouse,
praticamente di fronte all’albergo.
Dopo tanto sole, proprio nel giorno in cui dobbiamo fare la strada costiera, ci
svegliamo con le nuvole!! Per prima cosa visitiamo San Luis Obispo, la
piccolissima Missione e lo stranissimo Bubblegum Alley, un vicolo stretto dove
ai muri sono state attaccate un’infinità di gomme da masticare: una schifezza
con un’incredibile odore di fragola!!! Subito dopo tocca a Morro Bay dove
facciamo una tranquilla passeggiata lungo il porticciolo curiosando tra i
negozi di souvenir (tutti uguali…), oltre alla vista di Morro Rock niente di
particolare. Proseguiamo per Cambria. Prima, sbagliando strada, andiamo verso
la spiaggia e ci ritroviamo nel quartiere residenziale pieno di belle villette,
alcune molto particolari. Poi ritorniamo sui nostri passi e andiamo a
parcheggiare nella via del centro dove ci sono ristorantini e negozietti. Manco
a dirlo mangiamo messicano al ristorante Las Cambritas. Cambria è piccola e
carina, ideale per una breve pausa. Poi sosta inevitabile a Point Piedras
Blancas per vedere quei pigroni degli elefanti marini.
Continuiamo il nostro viaggio sempre lungo la Hwy 1, sul mare c’era una nebbia
fittissima tanto da farlo scomparire e purtroppo è stato questo lo scenario del
nostro Big Sur, nuvole scure e un mare di nebbia bianca. Giunti a Carmel
abbiamo imboccato la 17 miles drive (9,50$ per veicolo) con la certezza di
rimanere delusi e in effetti non sbagliavamo. Abbiamo seguito la cartina e ci
siamo fermati a tutti i punti panoramici ma il brutto tempo non fa apprezzare
un percorso che a detta di tutti è molto bello. Delle ville però davvero invidiabili,
stupende.
La notte la passiamo a Salinas (hotel Good nite salinas) perché essendo fine
settimana gli hotel vicino al mare sono costosissimi. Pessima idea perché
Salinas è un paese orribile, nessuno in giro e quei pochi...tutto buio e i
ristoranti chiusi alle 21. Tutti i fast food vuoti ma visto che si doveva
mangiare andiamo da Burger King dove troviamo la cassiera più antipatica e
indisponente degli USA. Da evitare assolutamente!!!
Felici di lasciare la cittadina partiamo e visitiamo Montery. Facciamo una
passeggiata su Cannery Row , un susseguirsi di negozietti di souvenir ma è
andata bene così perché era quello che stavamo cercando.
In tarda mattinata raggiungiamo Santa Cruz, molto carina. Parcheggiamo di
fronte al Boardwalk un parco dei divertimenti del 1906, pieno di gente,
coloratissimo parallelo alla spiaggia. Poi una passeggiata sul molo e pranzo
veloce Da Ideal Bar & grill. In giro anche qui qualche soggetto fuori di
testa….
Andiamo al surfing Museum che si trova dentro ad un piccolo vecchio faro e
troviamo per nostra fortuna Steamer Lane, il luogo preferito dai surfisti
professionisti (sempre secondo la guida..) Infatti erano sotto la scogliera ad
aspettare le loro onde e questa volta ce n’erano tante!!! Siamo stati oltre
un’ora a guardarli nonostante il vento gelido. Bravissimi, sarà che non li
avevo mai visti dal vivo ma sono rimasta incantata.
La nostra avventura sta per finire, ritorniamo a San Francisco, si dorme al
Comfort Inn & Suites San Francisco Airport , ottima scelta. Per cena raggiungiamo
la città e andiamo a fotografare il Golden Gate illuminato, è sempre uno
spettacolo.
Il mattino dopo andiamo a riconsegnare la nostra macchina rosso ciliegia al
parcheggio Hertz dell’aeroporto. Non siamo neppure entrati e vediamo a terra
davanti a noi due file di triangoli appuntiti…visto che non si sa mai scendiamo
e verifichiamo…si abbassano quando ci si passa sopra. Ci mettiamo in fila con
le altre auto, scarichiamo i bagagli, un addetto ispeziona l’auto, ci lascia
andare, con la monorotaia gratuita raggiungiamo il terminal delle partenze
internazionali, un volo United ci aspetta. …è proprio finita!!!
Consigli: abbiamo comprato anche noi il famoso frigorifero da viaggio in
polistirolo, riempito col ghiaccio preso nei distributori degli hotel (anche se
sarebbe solo per le stanze) Io non so se è sempre così ma il frigo, formando
della condensa, ha inzuppato il tappetino della macchina. Noi ce ne siamo
accorti dopo un paio di giorni per la puzza terribile che emanava il tappetino
(che ci ha seguito poi per tutto il resto della vacanza). Quindi, per evitare
ciò, meglio mettere sotto il frigo un sacchetto di plastica che contenga
l’acqua.
I ristoranti nel senso classico del termine chiudono molto presto, quasi sempre
alle 21 o poco più nei piccoli centri. Solo a Moab erano aperti fino alle 23.
In alcuni casi la mancia del 17% era già compresa nel conto finale quindi è
meglio controllare lo scontrino per non lasciarla due volte.
I fast food hanno orari più elastici però, saremo capitati male noi, i dipendenti
sono sempre scocciatissimi e spesso maleducati.
La colazione più simile alla nostra è quella di Starbucks, hanno paste molto
burrose ma il cappuccino pur essendo servito a 250 gradi è discreto.
Nella maggior parte dei locali c’è il free refill per le bevande gasate (tranne
la birra) cioè compri un bicchiere e te lo riempi da solo finche ne riesci a
bere. Bere acqua è un po’ come essere alieni, non te la fanno neanche pagare se
la chiedi e di solito te ne portano già loro un bicchiere. E’ del rubinetto ma
non ho sentito un sapore particolare.
Abbiamo fatto la lavatrice due volte, negli hotel per comodità. Sono molto
facili da usare e servono circa 4$.
Per le chiamate a casa ho usato la Columbus Card, estremamente conveniente e
semplice da usare. I nostri normalissimi cellulari hanno funzionato benissimo
per l’invio degli sms.
Alla Hertz hanno accettato senza problemi la nostra patente italiana, in strada
però non ci ha fermato nessuno (per fortuna)
Nel programma di viaggio avrei, col senno di poi, inserito almeno altre tre
notti. Una a San Francisco perché è stupenda e avrei voluto avere il tempo di
vedere anche la zona sotto Market St. , una a Las Vegas perché ci sono tante
cose belle da vedere nei dintorni di giorno e una sera sola sulla strip è uno sfinimento,
una a Zion per visitarlo con più calma.
Questo viaggio è stato incredibile, abbiamo realizzato un sogno. E’ uno
spettacolo continuo e ti ritrovi per un po’ ad essere anche tu dentro a quello
spettacolo.
A presto America!
bravi ragazzi, davvero un bel viaggio!!
RispondiEliminae complimenti per le foto, sono stupende!
baci baci